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Trento, 13 febbraio 2011
Metroland e Valdastico: un’occasione mancata
di Marco Boato
pubblicato integralmente sul Corriere del Trentino di domenica 13 febbraio 2011
 e parzialmente sul Trentino di lunedì 14 febbraio 2011

Ho partecipato venerdì 11 febbraio all’incontro promosso a Trento dall’associazione “Nuovevie” sulla questione “Metroland” in riferimento allo sviluppo del Trentino e ai problemi della mobilità. L’iniziativa di dibattito era senz’altro positiva e per questo aveva attirato il mio interesse (e quello di molte altre persone presenti all’Aerhotel di Mattarello).

Purtroppo, in un bilancio finale, mi è sembrata in gran parte una occasione mancata. Soltanto l’avv. Vanni Ceola ha affrontato in modo organico e approfondito l’argomento, rilevando la positività in generale di un progetto di rilancio sistematico della ferrovia come principale strumento di collegamento tra Trento e le valli principali, ma criticando l’assoluta genericità che finora ha caratterizzato la proposta di “Metroland”, anche in assenza di un vero dibattito pubblico e di un diretto coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali e sociali interessati. Inoltre, Ceola – proprio ribadendo l’importanza dei nuovi ipotizzati collegamenti ferroviari – ha criticato l’ipotesi di percorsi quasi esclusivamente in galleria e con la previsione di pochissime fermate intermedie. In sostanza, Ceola ha sostenuto la necessità di rivedere queste ipotesi in una logica di mobilità sostenibile, utilizzabile da gran parte della popolazione interessata (il che presuppone il suo coinvolgimento con numerose fermate intermedie) e anche dall’utenza turistica, sicuramente poco interessata a percorsi prevalentemente in galleria, ricordando il modello svizzero al riguardo.

Anche l’assessore Alberto Pacher ha affrontato il tema principale, riconoscendo il ritardo nella elaborazione del progetto e la mancanza finora di un dibattito pubblico e ampiamente coinvolgente per una opzione così rilevante dal punto di vista strategico per una mobilità sostenibile in Trentino. E ha giustamente sostenuto la necessità di puntare verso un progressivo trasferimento del traffico dalla gomma alla rotaia.

Perché affermo dunque che alla fine si è trattato di una occasione mancata? Perché gli altri due principali interlocutori – la presidente degli industriali Ilaria Vescovi e l’ex-assessore Silvano Grisenti – hanno completamente stravolto il tema in discussione, spostandolo verso l’ennesima riedizione (che dura da quarant’anni) della rivendicazione dell’autostrada Valdastico, senza neppure dire una parola sul gravissimo attentato all’autonomia trentina che sta cercando di perpetrare la “Serenissima” progettando una autostrada in territorio trentino, a cui giustamente la Giunta provinciale sta resistendo in tutte le sedi legittime (giustizia amministrativa e Corte Costituzionale).

La Vescovi non ha detto una sola parola su Metroland, che pure era il tema su cui era chiamata a discutere. A lei, come in ogni occasione, interessava unicamente rilanciare la Valdastico, ignorando tutti i temi sulla mobilità sostenibile affrontati nell’ampia e motivata relazione di Ceola. A Grisenti interessava invece rivendicare i propri meriti politici e istituzionali (in chiave “auto promozionale”, gli ha fatto garbatamente osservare Pacher), ridicolizzare Metroland senza entrare nel merito e evocando sarcasticamente “Gardaland” (non proprio il massimo per un ex-assessore della Giunta Dellai…) e alla fine appiattendosi totalmente sulla presidente degli industriali per quanto riguarda la rivendicazione della Valdastico. Quale sia il modello di sviluppo del Trentino e quale sia la concezione (in realtà del tutto assente) di mobilità sostenibile che ne è emersa è facilmente immaginabile: sembrava di essere tornati al clima politico e all’assenza di ogni concezione di sviluppo sostenibile degli anni ’70 e oltre (quando appunto la Valdastico era denominata “Pirubi” per ricordare la strategia dei leader dorotei del Trentino e del Veneto di allora: Piccoli, Rumor e Bisaglia).

Metroland è un progetto finora indeterminato e che necessita di essere profondamente rivisitato e discusso, per rendere l’opzione ferroviaria una scelta condivisa e condivisibile, praticabile e sostenibile. Ma riproporre stancamente il modello di sviluppo infrastrutturale che ha finora privilegiato la mobilità privata su gomma sarebbe una scelta irresponsabile, sia per il territorio che per i cittadini, ricordando gli effetti devastanti dell’inquinamento da traffico sulla loro salute. L’associazione “Nuovevie” fa bene ad organizzare dibattiti pubblici, ma quelle che sono emerse in questa occasione non sono certo “vie nuove”, ma la stanca e anche un po’ arrogante riproposizione di vie vecchie e inutilmente riciclate ad uso e consumo di interessi particolari e non certo della comunità, tante volte evocata.

Marco Boato

 

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